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Il portiere che vinse la Roubaix

Jacky Munaron mostra all'arbitro Syme la mattonella traditrice
Jacky Munaron mostra all'arbitro Syme la mattonella traditrice

Non c'è solo la lattina di Boninsegna nell'antologia degli oggetti volanti famosi nella storia delle coppe europee. 24 novembre 1983, andata del terzo turno di Coppa Uefa: allo stadio Felix Bollaert di Lens, i locali allenati da Gerard Houllier incontrano l'Anderlecht, in quegli anni una grande d'Europa, detentrice del trofeo e antesignana delle squadre-puzzle composte da giocatori di diverse nazionalità. I belgi, tecnicamente superiori, passano in vantaggio in contropiede con Frankie Vercauteren all'87'. Il gol gela i francesi, fin lì generosi ma costretti a sbattere il muso sulla linea difensiva bianco-malva, tutta formata da nazionali: il portiere Munaron, i terzini belgi de Greef e de Groote, i centrali Morten Olsen (danese) e Peruzovic (jugoslavo), mica gente qualsiasi.

I giallorossi di casa, spinti dall'urlo del pubblico, vanno al disperato assalto a testa bassa ma s'ingolfano nel solito imbuto davanti all'area: non paiono proprio in grado di raddrizzare le cose. L'ultima palla vagante viene appoggiata dal limite verso il portiere Jacky Munaron - tra i migliori al mondo dell'epoca - dal danese Kenneth Brylle, attaccante ripiegato a sostegno dei compagni. Il regolamento del tempo non ha ancora bandito il retropassaggio: dunque, in quella, nessuno va a pressare Munaron e nessuno s'interessa più di un pallone "morto".

Solo che Munaron - vai a capire perché - ha la pessima idea di controllare di piede e non di mani: quando la palla arriva rasoterra nei pressi del suo piattone aperto, ha un sussulto fasullo, scavalca il piede, picchia sullo stinco e rotola lemme lemme oltre la linea di porta, tra lo sconcerto di tutti, a cominciare dal colpevole. Lo stadio invece di esplodere resta in silenzio, nessuno capisce come sia potuto succedere. La palla ha incocciato in un oggetto atterrato lì pochi istanti prima dagli spalti: un caillou, una pietra, forse un pezzo di mattone, che Munaron inferocito vede, raccoglie e mostra all'arbitro scozzese Syme, chiedendogli l'annullamento del gollonzo del pareggio. Invece Syme convalida e respinge le proteste dell'Anderlecht. Il 90' è già scaduto, non c'è neanche il tempo di riprendere il gioco da centrocampo: finisce 1-1. Mentre la polizia francese seda gli animi surriscaldati sugli spalti, Munaron, stravolto, prima di rientrare negli spogliatoi raccoglie tutti i souvenir recapitati nella sua area, per consegnarli all'arbitro e alla testimonianza delle telecamere, a giustificazione della paperissima.

Nella gara di ritorno, due settimane dopo al Parc Astrid, i belgi rimettono le cose a posto: vincono 1-0 e passano il turno. Arriveranno in finale, dove saranno battuti ai rigori dal Tottenham.

Anni dopo, così Jacky Munaron ha ricordato quel buffo episodio: "Sul momento ero arrabbiato, tanto più che mi pareva che la pietra fosse arrivata dal settore occupato dai nostri tifosi. Ed ero in ansia, perché il Lens aveva recuperato le speranze e doveva ancora venire da noi: per fortuna al ritorno vincemmo. Non mi sarei mai perdonato di essere eliminato per un fatto del genere".

Quando, nella fase a gironi della Champions League 2006/07, il sorteggio mette di fronte Lille e Anderlecht, i tifosi francesi - rivali di quelli del Lens nel derby del Nord: entrambe le città si trovano nella regione del Pas de Calais, a un tiro di schioppo dal confine belga - recapitano a Munaron un omaggio: "Una pietra di pavé, simile a quella piovuta in campo quella sera, ma simile anche al trofeo consegnato al vincitore della Parigi-Roubaix", che si conclude proprio in un sobborgo di Lille. Un gesto goliardico, accolto dal destinatario con identica ironia: "I ciclisti per guadagnarselo devono pedalare molto e fare una fatica immane - scherza l'attuale allenatore dei portieri del Gand - mentre io non ho dovuto fare grandi cose...".

Guarda l'incredibile epilogo di Lens-Anderlecht del 24 novembre 1983

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