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Il cameo delle Indie Olandesi ai Mondiali 1938

La squadra delle Indie Olandesi durante gli inni al Mondiale 1938
La squadra delle Indie Olandesi durante gli inni al Mondiale 1938

Oggi, con il proliferare delle federazioni, degli staterelli e del business, le qualificazioni mondiali sono un serpentone lungo almeno due anni, in capo al quale ben 32 nazionali accedono alla fase finale. Agli esordi della Coppa Rimet la storia era molto diversa: la prima edizione fu a invito; Italia 1934 ebbe un breve preambolo essenzialmente europeo; a Francia 1938 si candidarono 37 Paesi e per la prima volta si qualificò tra le magnifiche 16 una formazione asiatica. Si trattava delle Indie Olandesi Orientali: la domanda ovvia è come avesse fatto una lontana colonia sperduta arrivare fin lì.

Il trucco c'è. L'Hindia Belanda - come si chiamava allora in lingua indigena - non era altro che la futura Indonesia: si era iscritta insieme a una sola altra compagna di continente, il Giappone. La Fifa aveva previsto un sistema di spareggi incrociati tra le rappresentanti delle zone sulla carta più deboli: la vincente del barrage in Asia avrebbe dovuto incontrare la qualificata del Nordamerica, e solo la squadra superstite si sarebbe recata in Francia.

Lo spareggio asiatico - dove all'epoca il calcio era quasi inesistente - era fissato in partita unica per il gennaio 1938 a Saigon. Ma il Giappone in quel momento aveva cose più serie a cui badare: dal luglio del '37 era infatti in guerra con la Cina, un conflitto che si sarebbe concluso solo otto anni dopo, insieme alla Seconda guerra mondiale. Quindi la federcalcio nipponica diede forfait e le Indie Olandesi Orientali ebbero via libera.

L'ultimo ostacolo tra gli amatori indonesiani e il sogno iridato era l'ulteriore spareggio secco con gli Usa, che a loro volta avevano superato il primo round grazie alla defezione del Messico. La partita fu programmata per il 26 maggio 1938 a Rotterdam: campo non proprio neutro, visto che si trattava della madrepatria degli asiatici. Solo che neanche stavolta le Indie Olandesi Orientali dovettero sudarsi il pass: gli americani bigiarono per due motivi. Il primo romanticamente religioso: era il giorno di Pentecoste, le ragioni puritane imbarazzavano quelle sportive. Il secondo, decisivo, più prosaicamente economico: la federazione statunitense non aveva i fondi per finanziare la trasferta europea. Però compiva giusto 25 anni e contava di ottenerli invitando una squadra britannica a una tournée celebrativa: il piano saltò, poiché il test match era previsto di domenica, e gli inglesi rifiutarono, impuntandosi sul tradizionale sabato. Un mix di orgoglio e pregiudizio che indusse gli Stati Uniti a rinunciare allo spareggio.

All'ultimo momento cercò di approfittarne il Suriname, altra colonia olandese nei Caraibi: dopo aver scansato per motivi finanziari il girone finale centramericano, pretese di giocarsi il biglietto per la Francia sostituendo gli americani nel barrage con gli asiatici. La Fifa calò il due di picche, così le Indie Olandesi Orientali, senza colpo ferire, ottennero la loro prima e unica qualificazione al Mondiale.

La novità esotica, sbarcata nell'Olimpo senza giocare alcuna partita eliminatoria, era tra le attrazioni della Coppa del Mondo 1938: nessuno la conosceva. Nelle Indie Olandesi il football era stato ovviamente portato dai coloni olandesi. Il primo club, non solo calcistico ma polisportivo, era stato creato a Medan nel 1887: è giunta fino a noi l'incredibile testimonianza di un incontro campale tra le squadre di Medan e Penang, in cui al mattino si giocò a cricket (e vinse Penang), al pomeriggio a calcio (e finì pari). Dai primi del '900 si disputavano in ogni isola dell'arcipelago campionati locali più o meno regolari, che seguivano un'incerta scansione spazio-temporale, con ampie concessioni al campanilismo. Ogni città capoluogo aveva il suo torneo, e non sempre le rispettive vincitrici riuscivano ad accordarsi per allestire una fase finale con il titolo in palio. Spesso saltavano partite per i motivi più disparati - dai tifoni alle distanze proibitive, dai trasporti ballerini agli impegni di lavoro a mille altri accidenti - per cui a fine stagione raramente tutte le compagini avevano disputato lo stesso numero di gare: per perequare la classifica, fin dagli albori non si adottò la somma assoluta dei punti, ma il quoziente punti/partite giocate. I calciatori erano rigorosamente dilettanti: si cimentavano la seconda generazione traslocata dalla madrepatria e da altri Paesi europei (indisch in olandese), i rampolli indigeni di buona famiglia (inlandsch) e i cinesi immigrati per inserirsi nel business coloniale.

Le squadre di club ricalcavano questa stratificazione sociale, a volte mischiandola, più spesso dividendosi di conseguenza: accadeva sovente che le società "europee" assoldassero giocatori nativi o cinesi, di rado il contrario. E le autorità militari si mettevano di traverso, poiché i soldati giocando a football incorrevano in frequenti infortuni. Per di più, non esisteva una sola federazione, bensì ve n'erano una cinese, una indigena e una "europea": dopo diaspore, litigi, scissioni e accorpamenti, in gran parte su base etnica, nel 1930 finalmente si arrivò a un ente più o meno unitario, la Nivu, a guida olandese, riconosciuto dalla Fifa nel 1936.

La nazionale riassumeva bene questo strano melting pot. La divisa prendeva a prestito i colori dell'Olanda: maglia arancione, calzoncini bianchi, calzettoni azzurri. Il commissario tecnico era ovviamente un olandese: Jan van Mastenbroek, classe 1902, pirata di molti mari di Dordrecht. Maestro elementare e dirigente sportivo, nel '36 era diventato presidente della federcalcio delle Indie Olandesi Orientali: in questa veste si assegnò la panchina della nazionale per l'avventura iridata. Non fu solo vanità: probabilmente, in un contesto hobbistico, era tra i pochi a capirci davvero qualcosa.

La squadra per il Mondiale scaturì dall'ennesima querelle politica: il 15 gennaio 1937 la Nivu e la federazione di etnia indigena Pssi firmarono un gentlemen's agreement, riconoscendosi reciprocamente e organizzando a Giava un torneo tra le rispettive rappresentative per selezionare i migliori elementi. Era solo fumo: temendo brutte figure, la Nivu fece da sé. Ne uscì ugualmente la nazionale migliore possibile, ma fortemente sbilanciata: dei 19 convocati per il Mondiale, 14 erano di origine olandese, 5 nativi (3 dei quali di società affiliate alla Nivu), nessuno cinese. La lista comprendeva i portieri Mo Heng e van Beusekom; i difensori Dorst, Harting, Hu Kon e Samuels-Kolle, i centrocampisti Anwar, Meeng, Faulhaber, Nawir e van den Burgh, gli attaccanti Pattiwael, Soedarmadji, Taihuttu, Tan Hong Djien, Tan See Han, Teilherber, Telwe e Zomers.

La formula del Mondiale aveva un tabellone tennistico a eliminazione diretta: il rischio concretissimo era di disputare una sola partita, il che non avrebbe giustificato il costoso soggiorno in Europa. Così van Mastenbroek allestì una tournée in Olanda, con partite contro club e nazionale di casa, da giocare prima e dopo la Coppa del Mondo. La comitiva viaggiò in nave: partì da Tanjung Priok il 27 aprile e sbarcò a Genova un mese dopo; di qui raggiunse L'Aja in treno. Giocò due amichevoli (2-2 con l'HBS, sconfitta 5-3 con l'Haarlem) e poi si trasferì in Francia.

L'esordio iridato dell'Hindia Belanda avvenne domenica 5 giugno 1938 alle ore 17 al Velodrome di Reims, davanti a diecimila spettatori incuriositi, contro l'Ungheria, una delle grandi favorite per la vittoria finale. Una giornata storica, costellata di aneddoti e incidenti diplomatici. La squadra indonesiana era gracile al cospetto dei marcantoni magiari: accomodandosi allo stadio il sindaco di Reims Paul Marchandeau, che di mestiere faceva il giornalista ed era pure ministro delle Finanze nel terzo governo Daladier, esclamò "sono proprio contento di vedere undici atleti ungheresi contro undici nani". La bandiera esposta e l'inno nazionale suonato dalla banda furono quelli olandesi, il che provocò qualche mugugno. Il capitano Achmad Nawir era laureato in medicina, idem l'omologo ungherese Gyorgy Sarosi: la stretta di mano prima del match fu probabilmente la più dotta della storia.

L'Ungheria - in campo con la seconda casacca, bianca - schierava molte riserve: appena cinque dei titolari di quel giorno (Biro, Lazar, Sas, Sarosi e Zsengeller) disputarono due settimane dopo la finalissima di Parigi con l'Italia. Le Indie Olandesi Orientali giocarono con questa formazione: Mo Heng; Hukom, Samuels-Kolle; Nawir, Meeng, Anwar; Tan Hong Djien, Soedarmadji, Zomers, Pattiwael, Taihuttu. Tutti giovani (il più "anziano", l'attaccante Taihuttu, aveva 29 anni), molti studenti di buona famiglia e qualche dipendente del governo coloniale: letteralmente catapultati da un altro mondo, completamente digiuni di grande calcio.

Poi si cominciò, e fu l'inevitabile massacro. Gli ungheresi, preso atto della propria superiorità fisica (pochi indonesiani superavano il metro e 60 d'altezza e i 60 chili di peso: il centrocampista Meeng, alto 1.78, era l'eccezione, e comunque guardava dal basso i dirimpettai magiari), puntarono su palle alte e lanci lunghi. Tecnicamente la squadra asiatica non se la cavò male, ma scontò l'insipienza tattica, come annotò l'Equipe: "Le Indie Olandesi hanno un brillante gioco d'attacco, fatto di dribbling e colpi anche spettacolari. Ma in difesa è il caos, perché non c'è nessuna copertura organizzata e i difensori arrivano spesso in ritardo". In altre parole, corsa a senso unico e marcature blande. I magiari andarono a nozze: 3-0 dopo mezz'ora, 4-0 all'intervallo, 6-0 alla fine. "Il gioco nel primo tempo è un po' zoppo - scrisse l'inviato dell'Equipe - ma nel secondo la squadra delle Indie Olandesi esprime un calcio migliore, aperto e coraggioso".

Capitan Sarosi fece complimenti sinceri al collega Nawir: "Più difficile del previsto, non pensavamo di trovare questa resistenza", e si disse impressionato da Anwar, Taihuttu, Soedarmadji e Pattiwael. La stampa magnificò anche la prestazione del portiere Mo Heng: "All'inizio sembra poco sicuro, ma poi riesce a salvare molte volte la sua porta", riportò il giornalista olandese Goorhoff sull'Het Vaderland. Il pubblico francese prese in simpatia e incitò la squadra venuta dagli antipodi.

La prevista repentina eliminazione non tolse il sorriso alla comitiva delle Indie Olandesi, che dopo quattro giorni in Francia tornò in Olanda per completare il programma dei test match. Il clou fu il confronto con la nazionale maggiore tulipana, giocato il 26 giugno 1938 all'Olympiastadion di Amsterdam e vinto 9-2 dai padroni di casa: segnarono Taihuttu e Pattiwael. Il 1° luglio l'imbarco per tornare a casa: altre tre settimane di nave per raccontare l'indimenticabile avventura.

Che ne fu dei protagonisti di quell'epopea? Non è chiaro il destino di tutti. Meeng, insieme ad altri coscritti del 1910, perì il 18 settembre 1944 a bordo della nave cargo giapponese Junyo Maru, silurata e affondata al largo di Sumatra da un sommergibile britannico mentre trasportava i prigionieri di guerra. Tan Hong Djien fu notato al Mondiale dagli osservatori di Santos e Barcellona, ma rinunciò alla chance professionistica: preferì restare in patria e occuparsi della fattoria di famiglia. Il portiere Mo Heng - che scendeva sempre in campo con una mascotte di stoffa - fu l'unico reduce convocato per la nuova nazionale dell'Indonesia nel 1951, dopo l'indipendenza. Il capitano Achmad Nawir, che soleva giocare con "occhiali da studioso", come ironizzavano i cronisti, fu a lungo l'unico giocatore ad aver disputato una partita del Mondiale indossando le lenti da vista: sessant'anni dopo l'ha fatto anche l'olandese Edgar Davids, ma per altri motivi. Van Mastenbroek tornò in Olanda, dove confermò la vocazione alle novità, diventando uno dei padri fondatori del movimento nazionale di baseball e softball.

Eppure c'è un erede vero di quei simpatici pionieri. L'Olanda è una delle nazionali che negli ultimi anni più hanno attinto ai figli delle ex colonie: nel 2010, in Sudafrica, Giovanni van Bronckhorst - che ha genitori indonesiani - è stato il primo capitano di origine asiatica a disputare una finale mondiale.

Guarda il filmato di Ungheria-Indie Olandesi 6-0 del 5 giugno 1938

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