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Il Palo di Rensenbrink

Rensenbrink anticipa Fillol, la palla colpirà il palo a tempo scaduto della finale mondiale '78
Rensenbrink anticipa Fillol, la palla colpirà il palo a tempo scaduto della finale mondiale '78

Il destino, si sa, è un po' bastardo: siccome vince uno solo, spesso il più fortunato, ha bisogno di accanirsi un po' con chi perde per giustificare il risultato. Prendiamo l'Olanda degli anni '70: le dobbiamo il calcio moderno, eppure non ha vinto niente. E si è scontrata con un sacco di sliding doors, lasciandoci muso e sogni.

L'icona del destino cinico e baro è diventata quasi un'entità a sé stante, il personaggio di una tragicommedia dell'arte: il Palo di Rensenbrink. Perché l'Olanda ha giocato (e perso) tre finali mondiali, ma mai è andata così vicina al bersaglio come ad Argentina '78: il Mundial insanguinato dei generali, la finale di Baires che l'oppone - ancora! - ai padroni di casa. In apertura Rep ha un'occasionissima e Fillol gliela sventa, poi il gol di Kempes scatena il frastuono della gente che fa un precoce conto alla rovescia. Le botte di Passarella e compagni sono tollerate dall'arbitro Gonella, al quale devono aver discretamente chiesto un esito da copione: ammonisce solo gli olandesi, giusto per far capire che aria tiri.

L'Olanda - senza Cruijff, che pochi mesi prima ha lasciato per motivi mai chiariti del tutto lo spogliatoio più talentuoso e pazzo del mondo - osa con coraggio, se la gioca, preme, anche se tutto resta caotico e quasi rugbystico, più mischie che fraseggi, più calci che calcio. Il povero Neeskens prima becca una legnata da Passarella in piena area, che gli secca due denti; poi a gioco fermo piglia una gomitata nello stomaco da Bertoni; l'arbitro tiene famiglia e fa sempre l'indiano. Agli argentini, con l'approssimarsi del traguardo, viene il braccino: hanno il fiatone e s'illudono di gestire il golletto. Finché, a 12 minuti dalla fine, arriva il giusto premio: sull'ennesimo traversone, di Renè van de Kerkhof liberato a destra da un invito geniale di Rep, l'ultimo entrato Dick Nanninga salta più alto di Galvan e inzucca il clamoroso pareggio. Silenzio al Monumental, gelo in tribuna d'onore, dove Videla aspetta di consegnare la coppa ai suoi.

L'Albiceleste, psicologicamente tramortita, barcolla. Ha bisogno di un robusto spintone del destino di cui sopra per ricordarsi il copione già scritto. Lo spintone si materializza nel Palo di Rensenbrink: la svolta di partita, mondiale, storia. Succede tutto all'ultimo minuto, come nei film: solo che stavolta gli eroi masticano amaro. All'improvviso il sapiente Krol, da dio del pallone qual è, calciando una punizione da centrocampo vede il pertugio da leggenda e pesca in verticale Rob Rensenbrink, che brucia Olguin e si presenta a tu per tu col portiere Fillol. Il cronometro segna 45'13" del secondo tempo.

Fermo immagine. Rensenbrink, detto il Serpente perchè sguscia via come gli pare palla al piede, è un emblematico pedatore di ventura di quella generazione tulipana epocale e maledetta. Ha sempre giocato all'estero, anzi nell'estero che un olandese di solito detesta, cioè in Belgio: ha vinto tanto con l'Anderlecht, squadrone di caratura assoluta. Ha già giocato un Mondiale, nel '74, entrando nell'undici titolare per volere di Cruijff - che aveva litigato con Keizer, ottenendo dal ct Michels di farlo fuori - e perdendo la finale stregata di Monaco. Rensenbrink, timido dal piede fatato, fuoriclasse un po' impacciato e mai sbruffone, è l'uomo scelto dal destino.

Play. A tu per tu con Fillol, minuto 45'13" del secondo tempo. La palla è sporca, rimbalza sulle incerte zolle del prato coperto di coriandoli. Il portiere esce alla disperata, la meta è a non più di quattro metri, leggermente defilata. A quel punto serve solo un tocco, buono a superare l'estremo rivale che non può reagire. Rensenbrink allunga il sinistro, la sfiora di piatto-punta a mezz'altezza, il giusto per anticipare sia quello davanti in maglia verde, sia quello all'inseguimento in biancoceleste. La palla rimbalza a terra e va verso la gabbia sguarnita, torna su in un microtempo eterno e al minuto 45'15" incoccia in pieno nel primo palo, mentre Fillol rotola a terra e tutti gli altri, in preda al terrore, pregano. Probabile che preghi anche Gonella: una foto da fondocampo lo ritrae lontanissimo e sfiatato, preso pure lui in contropiede dall'imprevedibile evolversi dei fatti. La palla incoccia in pieno nel palo - che da quel preciso istante diventa il Palo di Rensenbrink, emblema delle sfighe cosmiche calcistiche - e poi rimbalza in campo, in una terra di nessuno presidiata solo da argentini.

Tutto questo tra il minuto 45'13" e il minuto 45'15" del secondo tempo, quando un gol sarebbe stato irrimediabile, decisivo. Anche se Rensenbrink poi disse: "Gonella si sarebbe inventato qualcosa, perché dovevano vincere gli altri". Tutti gli astanti, arbitro compreso, sospirano: si va ai supplementari e vincono gli altri.

Guarda il Palo di Rensenbrink

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Stefano Affolti


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A
avevo vent'anni e son passati quasi 40 anni da quel pomeriggio
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M
l'azione descritta nella foto si riferisce al primo tempo. Gonella non è assolutamente lontano. Ha appena fischiato la punizione a centrocampo mentre si dirige sulla tre quarti argentina. Si trova a meno di 20 metri. Difficilmente avrebbe potuto annullare la rete perché Rensenbrink arriva da dietro. Il calcio è tremendo
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C
La foto si riferisce all'occasione avuta da Rensenbrink nel primo tempo sullo 0-0.
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A
ma l'azione l'ha vista prima di scrivere l'articolo? perchè è piuttosto fantasiosa la ricostruzione...e la foto non si riferisce all'azione del palo
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