22 Aprile 2015
Se il gol lo fa la tua squadra, va bene in qualsiasi modo. Se lo fa una squadra terza, il tifoso medio è più lucido nel giudicare il gesto tecnico. Grandi giornalisti, da Gianni Brera in giù, hanno sostenuto che il gol è l'errore di qualcuno, ma non è sempre così. A volte è inarrivabile: per qualità balistica (van Basten all'Urss nell'88), per manifesta superiorità (Maradona agli inglesi nell'86: il secondo, però), per coralità dell'azione (Rivera ai tedeschi nel '70), per inventiva (quello "impossibile" di Cruijff all'Atletico nel '73), per coraggio (Mortensen agli azzurri nel '48). Poi capita che ne fai uno strepitoso, e l'arbitro te lo porta via: sbagliando, pure.
Il tedesco occidentale Volker Roth, nato nell'ex Ddr, nella vita borghese grossista di acciaio e prodotti sanitari, in campo arbitro internazionale di ottima levatura negli anni '80, a dispetto del cognome letterario non doveva gradire granché i capolavori di poesia confezionati dai campioni che dirigeva. Ne ha buttati nel cestino almeno due, uno più maestoso dell'altro, e non a gente qualsiasi: fenomeni come Platini e Rummenigge, il che escludeva per quei gioielli l'ipotesi della bigiotteria o del colpaccio isolato. Forse, chissà, avrebbe trovato il cavillo anche nelle magate di cui all'incipit.
Il 24 ottobre 1984 si gioca Inter-Rangers Glasgow del secondo turno di Coppa Uefa. San Siro ha ancora due anelli, stracolmi di gente. I nerazzurri vincono 3-0 ma il gol più bello resta fuori dal tabellino. Succede al minuto 61, con la squadra italiana già in vantaggio grazie a Sabato. Altobelli - che quella sera diventa uomo assist: ne fa tre, anzi quattro con questo - governa palla e da fuori area recapita un cross alto e teso, pure troppo: al limite del rettangolo piccolo c'è Rummenigge, spalle alla porta, guardato a vista da due marcantoni scozzesi. Kalle ha un'intuizione geniale: decolla, si avvita come un tuffatore olimpico, coordina la rovesciata col destro e raggiunge la palla in cielo, con gli armadi scozzesi invano protesi al colpo di testa. La tocca di punta, prolungandone l'incredibile traiettoria fin sotto l'incrocio dei pali, dove il veterano McCloy non può proprio arrivare. Difficile anche da raccontare, tutto fatto in una frazione di secondo: l'istante perfetto. La gente sugli spalti prima zompa incredula, poi si spella le mani. Solo che Roth fischia e annulla: gioco pericoloso, dice. Proteste inutili. Kalle segnerà lo stesso, a tre minuti dalla fine, ma con una banale zuccata sottomisura.
"Oggi per i ragazzi c’è YouTube, anch’io ogni tanto me la riguardo - racconta oggi il bomber tedesco - Non era una rovesciata classica, ma un’acrobazia più laterale, per prendere la palla altissima. Un gesto raro, unico. Impatto perfetto, botta imprendibile. Quando mi rialzo scorgo un difensore per terra, vedo l’arbitro Roth che dà punizione a loro, ma in quel momento non capisco la bellezza estrema, mondiale, del gesto. La gente attorno però è tutta in piedi, applaude a lungo: troppo per un normale gol non valido. A fine partita Roth, mio connazionale, mi chiede la maglia per ricordo: mi ha appena tolto la rete più bella della mia carriera, non posso regalargliela. Infatti gliela nego".
E aggiunge: "Io ero nero, furente, arrabbiatissimo, perché negli spogliatoi avevo rivisto in tv quel gol impossibile e stupendo. Incredibile: era davvero il migliore della mia vita, e Roth aveva fischiato un gioco pericoloso che proprio non c'era. Altobelli, che aveva capito tutto in tempo reale, era ancora più fuori di me: gli stava tirando un calcio nel sedere, l’ho fermato appena in tempo".
Dissolvenza, passo avanti, ma neanche tanto lungo. 8 dicembre 1985, finale di Coppa Intercontinentale a Tokyo, Juventus contro Argentinos Juniors. Una partita emozionante, decisa ai rigori dopo un 2-2 in altalena che estasia persino i compassati giapponesi. Però sull'1-1 Roth, sempre lui, fa uno sgarbo a Michel Platini. Minuto 68, angolo per la Juve, respinta della difesa, Bonini di testa rimette dentro, Il francese stoppa di petto, fa un sombrero col destro a Pavoni e batte a rete al volo col sinistro. Gol meraviglioso, per giunta segnato nel fango. L'arbitro, che a quel punto dovrebbe essere già soddisfatto delle segnature annullate ingiustamente in precedenza a Laudrup e Castro, dice ancora no: fuorigioco passivo di Serena, sostiene l'ineffabile, e punizione per la difesa.
Un delitto di leso calcio. Michel, sconcertato, protesta sdraiandosi come Paolina Borghese sul triclinio, citazione di una celebre scultura del Canova. Segnerà comunque il rigore decisivo, dopo aver inventato l'assist del pareggio per Laudup, autore a sua volta di un gol fantastico per coefficiente di difficoltà, sul quale stranamente Roth non ebbe nulla da ridire. Platini anche oggi ci ride su: "Ho detto molte parolacce a Roth in tedesco per quel gol che mi ha annullato". Chissà se anche quella volta l'arbitro iconoclasta gli ha chiesto la maglia, aggiungendo al danno la beffa.
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