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Lo scandalo scommesse di un secolo fa

I quattro giocatori del Liverpool che vendettero la partita con lo United: Tom Fairfoul, Tom Miller, Bob Pursell e Jackie Sheldon
I quattro giocatori del Liverpool che vendettero la partita con lo United: Tom Fairfoul, Tom Miller, Bob Pursell e Jackie Sheldon

Cosa pensereste oggi, in piena rumba scommesse, di una partita in cui una squadra evita di attaccare, l'altra fa due gol, viene calciato in curva un rigore e i compagni redarguiscono uno che a momenti segna? Male, ovvio. Beh, consolatevi se potete: non è un film esclusivo del calcio moderno, circus mercificato all'estremo in cui tutto ha un prezzo. Sono scene accadute davvero, un secolo fa: il primo grande scandalo del pallone, scoppiato in Inghilterra nella primavera del 1915.

Il giorno nero è il 2 aprile 1915, venerdì santo. Il luogo è Old Trafford, lo stadio del Manchester United. La partita incriminata non è una qualsiasi: Manchester United-Liverpool, quart'ultima giornata di First Division. Sulla storica rivalità tra i due club metropolitani aleggia lo spettro della retrocessione: lo United è ultimo, il Liverpool sta un po' meglio ma non è ancora in salvo. Il tutto si svolge in un'atmosfera di sinistri presagi: la guerra è iniziata da otto mesi, sta prendendo una piega imprevista - pareva una bufera passeggera, è dilagata fino a farsi incontrollabile - e il Paese soffre, come l'intera Europa.

Sono 12.000 gli spettatori che quel pomeriggio assistono a una farsa in piena regola. Qualcuno di loro ha subodorato qualcosa: già prima del calcio d'inizio si è diffusa la voce di uno strano flusso di puntate sulla vittoria dei Red Devils, contro pronostico. Per la precisione si gioca forte sul 2-0, pagato a 7 e in qualche caso addirittura a 8 dagli allibratori: quota che si dimezza in poche ore, segnale inequivocabile nella patria dei bookmakers. I fatti del campo confermano: finisce proprio 2-0, con una serie di episodi clamorosi che, riletti col senno di poi, disegnano una partitissima trasformata nell'assurda sfida trasversale tra chi ha combinato il risultato e chi no.

Le cronache coeve raccontano che lo United domina il primo tempo e lo chiude con un gol di margine, segnato al 40' da George Anderson, ala razzente e prolifica, abile a monetizzare un cross da destra. "Difficile vedere un primo tempo più squilibrato", scrive l'indomani il Liverpool Daily Post. Al 3' della ripresa un mani di Bob Pursell, difensore del Liverpool, causa un rigore, di cui s'incarica il capitano del Manchester, il nazionale irlandese Patrick O'Connell: il suo tiro, volutamente sbilenco, finisce più vicino alla bandierina del corner che ai legni della porta e l'autore, tornandosene a centrocampo dopo il misfatto, se la ride della grossa. A un quarto d'ora dalla fine, con gli ospiti per nulla interessati a rimontare e il portiere del Liverpool Scott in versione paratutto, ecco il bis di Anderson in mischia. Finita? No: allo scadere Fred Pagnam, bomber dalla media realizzativa sbalorditiva prelevato in quella stagione dal Blackpool, va vicinissimo al 2-1, ma il suo tiro a botta sicura centra la traversa, tra i rimproveri plateali dei compagni sbiancati in volto. L'allenatore dei Reds, il leggendario Tom Watson, in sella da vent'anni, abbandona anzitempo il campo, disgustato da quanto ha visto.

Finisce come doveva, ma lo stesso arbitro J.G.A. Sharpe nota in presa diretta più di una stranezza e ne informa la Football Association. Compaiono a stretto giro di posta dei volantini che rivelano copiose giocate sul risultato esatto. Su un quotidiano di Liverpool, il Chronicle, un anonimo bookmaker che si firma "The Football King" promette laute ricompense a chiunque fornisca informazioni che portino alla punizione di quelli che definisce "i mandanti di questo complotto riprovevole". L'inchiesta scatta pressoché istantanea e in breve tempo appura la combine, con tanto di dettagli e retroscena.

Cos'è accaduto alla vigilia del match? Che otto giocatori, in una serie di incontri nei pub di Manchester, intrigati dalle profferte di terzi interessati, hanno concordato l'esito del match, specificando la necessità di un gol per tempo e scommettendoci pure su: sono Sandy Turnbull, Arthur Whalley ed Enoch West dello United; Jackie Sheldon, Tom Miller, Bob Pursell e Thomas Fairfoul del Liverpool; più un "intruso", Lawrence Cook del Chester, che non ha alcun ruolo nel match ma partecipa all'affare. Pure Turnbull è fuori gioco, causa infortunio, ma si mette lo stesso nei guai.

La gola profonda che spiffera tutto agli 007 federali è proprio Pagnam, che - al pari dei compagni Longworth e MacKinlay e del match winner Anderson - confessa agli inquirenti di aver ricevuto egli stesso un'offerta indecente da 3 sterline mentre in taxi si recava allo stadio con Sheldon, ma di averla declinata e di aver poi giocato per rompere l'accordo. Il dominus della faccenda è Jackie Sheldon: il capitano del Liverpool, che in precedenza ha militato nello United, è l'anello di collegamento tra i calciatori infedeli. Gli interrogatori si susseguono, gli interessati non parlano ma le rivelazioni altrui fioccano. Il centrattacco del Manchester Billy Meredith, per esempio, racconta di non aver saputo dell'accordo, ma di essersi insospettito quando, durante la gara, nessuno dei compagni gli recapitava la palla.

In presenza di indizi schiaccianti, la sentenza è esemplare: il 23 dicembre 1915 tutti i calciatori coinvolti vengono squalificati a vita. Il dispositivo, durissimo, afferma che è "dimostrato che una considerevole somma di denaro passa di mano scommettendo sulla partita, e che alcuni dei giocatori ne traggono profitto. Ogni occasione è stata data ai giocatori di dire la verità, ma, benché avvertiti che eravamo in possesso delle prove, hanno rifiutato di farlo, rivelando così la volontà collettiva di nascondere la verità". E i giudici federali definiscono "quasi incredibile che i giocatori dipendenti dal gioco per il loro sostentamento facciano ricorso a queste pratiche. La loro azione mina l'intero tessuto del gioco, scredita la sua onestà e correttezza". Una sentenza di cent'anni fa che potrebbe tranquillamente essere trasposta pari pari ai giorni nostri.

Rimane però omologato il risultato del campo, poiché le due società risultano incolpevoli: quei due punti farlocchi bastano allo United per salvarsi d'un soffio. Il bando ai protagonisti del match fixing ha pochi effetti pratici: già all'epoca della partita è chiaro che il calcio britannico si fermerà fino al cessare della guerra, quindi i giocatori cercano quel guadagno extra anche perché sicuri che difficilmente la loro carriera proseguirà normalmente.

Infatti tutti, tranne uno, finiscono in breve sotto le armi. Quell'uno è Enoch West: l'unico a ribellarsi alla condanna, l'unico a rinunciare al servizio militare per difendere il suo onore davanti ai tribunali di Sua Maestà. West accusa la Football Association di diffamazione, ma perde la causa.

Il 10 aprile 1916 Sheldon, mentre combatte in Francia, continua a perorare la sua innocenza scrivendo così a un giornale: "Sono pronto a devolvere alla Croce Rossa o a qualsiasi altra istituzione benefica 20 sterline se qualcuno troverà un bookmaker col quale io abbia scommesso". Nel settembre dello stesso 1916 Sheldon vorrebbe assistere a un incontro amichevole tra Liverpool e Burnley ad Anfield: ha diritto all'ingresso omaggio come ferito di guerra, ma gli viene interdetta la zona degli spogliatoi. Il capitano dei Reds, però, cambia versione nel 1917, durante il processo West: dice ai giudici di aver convinto compagni e avversari a combinare la gara.

A guerra finita tutti, tranne due, tornano in campo grazie all'amnistia sancita dalle autorità calcistiche nel 1919, nel momento della regolare ripresa dell'attività agonistica, in virtù dei servigi da loro resi alla patria sotto le armi: uno è ovviamente West, l'altro è Turnbull, morto il 3 maggio 1917 a 32 anni nella battaglia di Arras, presso Calais, nel nord della Francia. Per lui - figlio di un minatore scozzese, amatissimo dai tifosi dello United, prelevato nel 1906 dai cugini del City, passato alla storia per il primo gol in assoluto a Old Trafford, il 19 febbraio 1909, e per il punto che decide la finale di Coppa d'Inghilterra 1909 - la riabilitazione del 1919 giunge postuma. Anche il bastian contrario Enoch West, alla lunga, riceverà la grazia: ma solo nel 1945, quando ormai avrà 59 anni e gli servirà solo a sciacquarsi la coscienza.

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