11 Maggio 2016
Il calcio non è uno sport per signorine? Sbagliato: fin dalle origini le donne - anzi, donne assolutamente insospettabili - hanno praticato con successo il football. Tutto è cominciato, naturalmente, oltre Manica: per la precisione in Scozia, dove nell'800 le classiche sfide scapoli-ammogliati avevano anche una versione femminile. Le ragazze nubili se la vedevano con quelle maritate in combattutissime tenzoni, che diventavano anche provvidenziali vetrine d'agenzia matrimoniale: narra infatti la leggenda che proprio assistendo a queste partite più di un uomo avesse individuato la propria compagna per la vita.
Proprio in quel periodo in Gran Bretagna era esplosa la passione per il pallone. Che però, complici le tariffe non proprio popolari dei biglietti d'ingresso, coinvolgeva soprattutto la working class e le fasce medie. Non i ricchi, che disdegnavano quello sport plebeo; non i poveri, che semplicemente non se lo potevano permettere. Allo stadio andavano gli uomini, e gli animi erano sempre accesi: proprio per stemperare questi comportamenti si pensò di attirare sugli spalti il gentil sesso.
Nella primavera del 1885 il Preston North End, club-guida degli albori e primo vincitore del campionato inglese, stabilì l'ingresso gratuito per le donne. La risposta fu sensazionale: duemila signore si presentarono alla prima partita casalinga utile. In breve tutte le società di prima divisione copiarono questa strategia ed ebbero le proprie quote rosa tra i tifosi.
A Edimburgo. I tempi erano maturi per lo step successivo: le donne in campo, protagoniste. Qualcosa era già successo nella solita Scozia, intrecciandosi col movimento femminista ante litteram delle Suffragette: il 7 maggio 1881, allo stadio Easter Road di Edimburgo, si erano incontrate le rappresentative femminili ufficiose scozzese e inglese. Un secondo confronto, allestito pochi giorni dopo a Glasgow, era degenerato in rissa sugli spalti, con tanto di invasione di campo e botte da orbi per tutti: segno che il calcio rosa non aveva già niente da invidiare a quello maschile. Delle pioniere che disputarono quei match si sa pochissimo. Si conoscono solo le punte dell'iceberg, coloro che ebbero l'idea e non ne nascosero la... maternità: trattasi di Nellie Hudson, per tutti Nettie Honeyball, e di Helen Matthews, che giocava in porta sotto lo pseudonimo di Mrs Graham. Le altre, timorose del giudizio dei benpensanti, non derogavano allo schermo del falso nome; di sicuro non erano tesserate; forse erano tutte scozzesi, e comunque il fine (la promozione) giustificava i mezzi (le bugie). La squadra scozzese, che aveva sede a Stirling, si presentava per l'appunto come Mrs Graham's XI: vestiva bluse larghe e sgargianti che nulla lasciavano scoperto, concedendo davvero poco alla femminilità.
In quest'emancipazione sportiva le donne trovarono vari ostacoli. Anche tra i medici: vari esperti sostennero pubblicamente che un'attività fisica di quel tipo nuoceva al corpo femminile, specialmente durante la pubertà e le mestruazioni, riducendo in sostanza la capacità riproduttiva, che a quei tempi era considerata la cosa più importante. Alle donne che proprio volessero cimentarsi si suggerivano perciò discipline senza contatto, come croquet, badminton, tennis: cose comunque da ricchi.
A Londra. Il vento di Mrs Graham soffiò verso sud e raggiunse Londra: qui, nell'ottobre del 1894, ricomparve l'infaticabile Nettie Honeyball, che fondò il British Ladies Football Club, antesignano del calcio femminile in Inghilterra. Mise annunci sui giornali per reperire giocatrici ed ebbe successo: si presentarono decine di ragazze della middle class. Nel marzo del 1895, al Nightingdale Lane Ground di Crouch End, sobborgo borghese settentrionale di Londra, diecimila persone assistettero al confronto tra le rappresentative North e South della capitale. "Siamo sicuri - scrisse il The Sporting Man di Newcastle - che se prendessimo una ventina di uomini a caso, ignari del gioco, dessimo loro qualche giorno di tempo per allenarsi e li facessimo poi esibire in pubblico, potremmo aspettarci qualcosa di meglio?".
Fin dagli esordi, l'attività mischiò alla valenza sportiva una forte componente di rivendicazione politica e sociale: "Ho fondato l'associazione - affermò la stessa Honeyball - per dimostrare che le donne non sono le creature ornamentali e inutili che dipingono gli uomini. Sono convinta che sia necessaria l'emancipazione, e non vedo l'ora che anche le donne possano sedere in Parlamento e occuparsi al più alto livello degli affari che le riguardano". Il femminismo portato avanti calciando un pallone.
La novità ebbe un clamoroso riscontro di pubblico: nel giro di pochi anni il numero degli spettatori eguagliò e in qualche caso superò quello della First Division maschile. Benché i giornali non nascondessero pregiudizi, ironie e frecciatine ("Basta guardarle giocare cinque minuti per capire che il football non fa per loro", parole del The Sketch), il fenomeno prese piede e trovò un'alleata inattesa nella Prima guerra mondiale. La chiamata alle armi di massa privò le fabbriche della manodopera e le squadre di calcio dei giocatori: i campionati maschili furono sospesi per cinque stagioni. Il campo era libero, in tutti i sensi: come ne presero il posto nelle industrie, così le donne scalzarono gli uomini nel calcio.
A Preston. Nacquero le formazioni legate alle fabbriche: la più famosa e competitiva si chiamava Dick, Kerr Ladies e arruolava le maestranze femminili della Dick, Kerr & Company, una grande industria ferroviaria che aveva sede a Preston. Le atlete, pagate con un rimborso spese di dieci scellini a partita, passarono dalle sfide interne coi colleghi maschi nelle pause di lavoro a un'attività organica, parallelamente al maggior impegno nei processi produttivi dopo la riconversione al bellico e la partenza di quasi tutti gli operai uomini per il fronte. La squadra, maglie a strisce bianconere, calzoncini blu e cappellino obbligatorio in testa, capeggiò il movimento calcistico delle Munitionettes, così battezzate poiché quasi tutte le aziende interessate erano passate a realizzare armi, munizioni e strumenti bellici.
Al debutto ufficiale, il giorno di Natale del 1917 nello stadio Deepdale, abituale casa del Preston North End, le Dick, Kerr Ladies batterono 4-0 le rivali della Arundel Coulthard Factory davanti a più di diecimila spettatori. L'indomani il Daily Post scrisse che "le Dick, Kerr hanno sofferto meno delle avversarie la paura del palcoscenico, e avevano una migliore comprensione a tutto tondo del gioco. Il loro lavoro in avanti, infatti, è stato spesso sorprendentemente buono", e annotò con stupore che "una o due delle donne mostravano un controllo della palla abbastanza ammirevole".
Lo zenit. Fioccarono i tornei più o meno prestigiosi, tutti organizzati con intenti benefici: vennero raccolte somme considerevoli, destinate a ospedali, emarginati, bimbi poveri. Decine di migliaia di spettatori assistettero alle partite della Munitionettes' Cup, evento simbolo del boom, allestito tra il 1917 e il 1919 con l'adesione di una trentina di squadre provenienti da tutto il Paese. La prima edizione fu vinta dalle Blyth Spartans Ladies di Newcastle, guidate da un altro grande personaggio dell'epoca: la centravanti Bella Reay, bomber implacabile capace di segnare 133 reti in una stagione. Le Blyth Spartans - che rimasero imbattute per due anni - dominarono la finale di Middlesbrough (5-0 al Blockow Vaughan con tripletta della Reay), giocata il 18 maggio 1918 davanti a 33mila spettatori. La seconda edizione andò alle ragazze del Palmer's Shipyard di Jarrow, che a Newcastle s'imposero di misura (1-0) sul Christopher Brown's di Hartlepool.
Più di un osservatore malignava sul reale interesse di gran parte degli spettatori maschi, ma un pubblico così costantemente numeroso non poteva nutrire solo intenzioni voyeuristiche. Le poche squadre femminili esistenti conquistarono la scena, e il seguito non scemò quando, nel 1919, ripartì regolarmente l'attività dei club professionistici maschili.
Il punto più alto fu toccato a Liverpool il giorno di Santo Stefano del 1920, quando le Dick, Kerr affrontarono il St. Helen Ladies a Goodison Park: nello stadio dell'Everton si stiparono la bellezza di 53mila spettatori, secondo altre fonti addirittura 58mila, mentre altri diecimila rimasero fuori perché non c'era più posto. Un record pazzesco. La fama delle ragazze di Preston, trascinate dalla formidabile ala Lily Parr, che debuttò a soli 14 anni, era accreditata di un tiro più potente di tutti i calciatori maschi dell'epoca e nel 2002 sarebbe stata la prima donna nella Hall of Fame del calcio britannico, superò i confini: divennero star di fama mondiale e inaugurarono la stagione dei match internazionali, affrontando a più riprese squadre francesi in arene piene di gente.
Il bando. L'esplosione del movimento rosa indispettì i papaveri della Football Association, che, colti da inspiegabile gelosia mista a più spiegabile veteromaschilismo, presero un provvedimento mai visto. Nella riunione del 5 dicembre 1921 fu approvato un ordine del giorno che proibiva ai club affiliati di concedere i loro campi alle squadre femminili, poiché "il gioco del football è inadatto alle donne e non deve essere incoraggiato". Il pretesto era la presunta scorretta destinazione degli incassi rispetto alle dichiarate intenzioni benefiche: i team femminili vennero accusati né più né meno di intascarsi indebite somme. L'obiettivo (raggiunto) era relegare l'ingombrante fenomeno del calcio femminile nei campetti di periferia, lontano dalle grandi folle e dall'appeal mediatico.
Pur abilmente mascherato, era un vero e proprio anatema: il bando interruppe il volo dei team femminili, già messi a dura prova dalla crisi postbellica, quando la riconversione al civile delle industrie e il ritorno dei maschi in fabbrica tolsero posti di lavoro e sostegno al movimento calcistico rosa. Le squadre superstiti emigrarono in spazi più angusti, dagli impianti dedicati al rugby ai campetti di periferia, e non ricevettero alcuna solidarietà da colleghi e colleghe di altri sport. Pochi giorni dopo, il 10 dicembre, le rappresentanti di una trentina di società fondarono a Liverpool la English Ladies Football Association, che allestì un'attività ridotta e sempre legata a buone cause, in genere l'aiuto economico agli ospedali. Il calcio femminile, pur colpito duro, non scomparve: "Noi continueremo, se gli organizzatori di eventi benefici reperiranno i campi, a costo di giocare sui terreni arati", esclamò agguerrito Alfred Frankland, storico manager delle Dick, Kerr. Ma i numeri colarono a picco: alla finale della prima edizione della Elfa Cup, nuova manifestazione a eliminazione diretta, il 24 giugno 1922 a Cobridge presso Stoke, assistettero appena cinquemila spettatori.
Il fuoco sotto la cenere. Le squadre femminili più importanti mantennero fondamentali rapporti con i Paesi dove il pallone rosa era libero di rimbalzare: negli anni Venti e Trenta le Dick, Kerr fecero diverse tournée estere, su tutte quella nordamericana del settembre 1922. Appena sbarcata, la comitiva venne a sapere che la federazione canadese - forse imbeccata dalla solita Football Association - avrebbe loro impedito di esibirsi nel Paese. Così si accontentò di una decina di partite negli Usa, contro formazioni maschili che annoveravano anche ex pro inglesi immigrati, attirando tra i cinque e i diecimila spettatori ogni volta. "Noi eravamo campioni nazionali - disse il portiere del Paterson, Peter Renzulli - ma per batterle facemmo una fatica infernale".
Grazie anche all'acquisto dello stadio di Ashton Park, che superava l'emergenza logistica dopo il bando della FA, la squadra di Preston rimase una stella polare per un movimento costretto alla carboneria. Nel 1937 ebbe luogo la sfida tra Preston Ladies (la vecchia Dick, Kerr: aveva cambiato nome nel '26, dopo essersi staccata dalla fabbrica a causa di un litigio tra Frankland e la proprietà) e le campionesse di Scozia dell'Edinburgh Ladies, in palio il titolo ufficioso di campionesse del mondo: vinsero le inglesi con un netto 5-1.
Il bando fu revocato solo nel 1971: mezzo secolo in cui altrove il calcio femminile crebbe (Francia, Paesi nordici, Italia, Usa, Canada), mentre le pioniere britanniche mangiarono la polvere. Nel 2009, in leggero ritardo, la Football Association si è scusata pubblicamente per l'incredibile provvedimento che nel 1921 costrinse alla macchia l'altra metà del pallone. Dalla storia delle Dick, Kerr sono stati tratti un docufilm della Bbc e un paio di fortunati spettacoli teatrali. Le donne inglesi ottennero il diritto di voto solo nel 1928: comunque molto prima di poter tornare a giocare a pallone come si deve.
Guarda un documentario sulle Dick, Kerr Ladies
Guarda altri filmati sul calcio femminile pionieristico inglese
Guarda un filmato sul calcio femminile scozzese nel 1919
Guarda la sfida tra Dick, Kerr e ospiti francesi disputata nel 1920
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