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Lo scherzetto del Celtic alla regina

Un momento della finale: sullo sfondo l'incredibile muro umano di Hampden

Un momento della finale: sullo sfondo l'incredibile muro umano di Hampden

Elisabetta II salì al trono d'Inghilterra il 6 febbraio 1952, alla morte del padre Giorgio VI, ma l'incoronazione avvenne più di un anno dopo, il 2 giugno 1953 a Westminster. Anche il mondo dello sport britannico festeggiò l'evento epocale: in quei giorni memorabili si disputarono due manifestazioni create per l'occasione, dedicate ai motori e al pallone.

Tra il 27 maggio e il 1° giugno la prima edizione del Safari Rally automobilistico attraversò Kenya, Uganda e Tanzania - tutte colonie inglesi, che avrebbero trovato l'indipendenza solo un decennio più tardi - e inaugurò una storia leggendaria: benché oggi sia uscito dal calendario iridato, rimane una delle gare più dure e prestigiose. E tra l'11 e il 20 maggio la Coronation Cup calcistica mise di fronte club inglesi e scozzesi, che nell'era pre-coppe europee andavano per la maggiore.

In Scozia. Siccome da un lato Londra era blindata per i preparativi, e dall'altro la Scozia stava per salutare il principe consorte Filippo di Edimburgo, il torneo andò in scena a Glasgow. In lizza quattro squadre per ciascuna federazione, scelte tra i top team del momento. La Scozia fu rappresentata dai Rangers freschi scudettati, dall'Hibernian di Edimburgo campione nel '52, dall'Aberdeen detentore della coppa e dal Celtic, british champion regnante, avendo conquistato nel 1938 l'Empire Exhibition Trophy, torneo simile disputato una sola volta. Sul fronte inglese Arsenal e Manchester United, vincitori degli ultimi campionati, il Newcastle detentore della FA Cup e il Tottenham finalista di coppa.

La formula era ad eliminazione diretta, avendo cura di evitare i derby nel primo turno. E le sorprese non mancarono, anche grosse: subito fuori le principali favorite. Lunedì 11 maggio l'Arsenal fu sconfitto 1-0 dal Celtic, nel match sulla carta più squilibrato di tutti: partita spettacolare tra due team amanti del passing game, decisa a metà primo tempo dal gol di Collins, segnato direttamente dalla bandierina con lo zampino del vento. Visto che si profilava un Old Firm nel turno seguente, la dirigenza protestante dell'altra squadra di Glasgow, che teneva molto al trofeo, stanziò un premio di cento sterline a giocatore in caso di successo finale: ma mercoledì 13 maggio i Rangers si fecero eliminare a domicilio dal Manchester United (1-2).

Gli altri quarti, in teoria meno nobili, non lesinarono emozioni. Lunedì 11 maggio non bastarono 120 entusiasmanti minuti per stabilire la vincente tra Hibernian e Tottenham: finì 1-1, si rigiocò l'indomani e gli scozzesi ebbero la meglio in rimonta (2-1, punto decisivo di Reilly a tempo scaduto). Senza storia, invece, il 4-0 del Newcastle sull'Aberdeen.

Inglesi a guardare. In semifinale, sabato 16 maggio, il Celtic, nel quale ancora nessuno credeva, mieté un'altra vittima illustre: sorprese il Manchester (2-1), dominandolo molto più di quanto dicesse lo scarto risicato. E l'Hibernian restituì in scioltezza il poker al Newcastle, accedendo alla finalissima tutta scozzese: il trofeo dedicato alla regina, capo secolare e religioso del Paese, conteso tra due squadre di dichiarate origini irlandesi e cattoliche, non prive nelle realtà di riferimento di forti spunti indipendentisti.

Mercoledì 20 maggio, sotto gli occhi di ben 117mila persone, ad Hampden Park andò in scena una festa di popolo, suggellata da una partita meravigliosa, nonostante il campo appesantito dalle copiose piogge del giorno precedente. Il Celtic si impose 2-0: al 28' Neil Mochan - prelevato pochi giorni prima dal Middlesbrough - sorprese il portiere Younger con un gran tiro da lontano; all'87' chiuse il conto Jimmy Walsh, che fuggì in contropiede imbeccato da Jock Stein. Nel mezzo tanto Hibernian: i biancoverdi di Edimburgo, nonostante l'infortunio di Combe che di fatto li costrinse in dieci fin dal primo tempo, crearono una gragnuola di occasioni, trovando sulla loro strada il portiere Bonnar in giornata di grazia.

Mani e piedi d'oro. Bonnar fu il classico eroe per caso: era a Glasgow da anni, ma sempre in discussione e spesso in disparte. Proprio nelle settimane precedenti il Celtic aveva fatto di tutto per ingaggiare Jimmy Cowan, estremo della nazionale, senza trovare l'accordo col Morton. Bonnar quel giorno fu miracoloso, parò di tutto e di più, e dove non arrivò lui ci pensò il palo. Il favoloso attacco dell'Hibernian - i famous five: Smith, Johnstone, Reilly, Turnbull, Ormond, gente che messa insieme viaggiava oltre i cento gol a stagione - lo bombardò, ma senza abbatterlo mai. A fine gara il portiere fu portato in trionfo dai suoi tifosi, mentre il capitano Stein alzava la coppa.

Era l'inizio di una nuova epoca d'oro per il Celtic, che usciva da un periodo infelice e con quell'insperato blitz prese l'abbrivio per tornare stabilmente ai vertici: l'anno seguente vinse il campionato, che mancava in bacheca addirittura dal 1938, e la coppa. I tifosi del Celtic sfornarono per l'occasione un canto da stadio, la "Coronation Cup Song", che coinvolgeva la nuova coppia regnante e gli odiati cugini. Il refrain era said Lizzie to Phillip as they sat down to dine... sulla scorta della tesi che il torneo fosse stato ideato per gratificare i lealisti Rangers a scapito dei ribelli Celtic.

 

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