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Lo sconosciuto di Rotterdam

Nigel Spink in uscita su Kalle Rummenigge nella finale di Rotterdam
Nigel Spink in uscita su Kalle Rummenigge nella finale di Rotterdam

Si può sopravvivere con un solo libro, ha detto Fred Uhlman, autore de "L'amico ritrovato": beh, si può diventare leggende del calcio anche con una sola partita. Quella che per molti è lo zenit della carriera, la finale di Coppa dei Campioni, e invece per Nigel Spink è stata praticamente l'esordio. Ha colto l'occasione della vita, e su quella ha costruito la sua epopea.

Spink, classe 1958, mascella volitiva e a dirla tutta un po' storta, cresce nel vivaio del West Ham, una delle mille squadre di Londra, che però a 16 anni lo scarta impietosamente dopo un match della squadra riserve in cui, convocato in extremis causa decimazione dell'organico, becca sette gol. "Grazie ma... no, grazie", gli dicono i dirigenti. Demotivato, smette di studiare e inizia a lavorare come apprendista imbianchino a 30 sterline a settimana. Torna al paese natale, Chelmsford (Essex), e gioca per hobby al sabato mattina nel team locale con gli amici, alternandosi con un coetaneo pari ruolo.

Un weekend passa di lì Tony Barton, dello staff tecnico dell'Aston Villa: sbircia la squadra e offre un provino all'altro portiere, che però rinuncia alla chance di Birmingham per proseguire l'università. Così il provino lo fa Spink, che nel 1976 firma un contratto annuale da 55 sterline a settimana. "Meno di prima, visto che al Chelmsford ne prendevo 10 a settimana, più 10 se giocavo, più altre 10 se vincevamo: sommando la paga del lavoro, in una buona settimana portavo a casa 60 sterline", scherza ricordando quel periodo.

L'Aston Villa vive un momento di transizione: lontanissimi i trionfi degli albori; sofferto il passato prossimo, in altalena tra prima e seconda divisione; promettente il presente, con due Coppe di Lega a rompere un digiuno di trofei durato mezzo secolo. Spink arriva al Villa Park a 19 anni come riserva di Jimmy Rimmer, che ha dieci anni di più, un curriculum da brividi ed è nel giro della nazionale, monopolizzata dai totem Clemence e Shilton.

Sono tempi in cui non c'è turnover e le gerarchie sono nette: al Villa, nelle prime cinque stagioni, Spink gioca una sola partita. Nel 1981 la squadra torna a vincere la Premiership dopo 71 stagioni di oblio e l'anno dopo arriva alla finale di Coppa dei Campioni: sbocco normale per gli squadroni inglesi di quei tempi, anche se debuttanti.

Il 26 maggio 1982, allo stadio del Feyenoord di Rotterdam, sono di fronte Aston Villa e Bayern Monaco. Difficile stabilire una favorita. Ma tutti notano che i Villans, arrivati in fondo senza rubare l'occhio, hanno subìto appena due reti in tutto il cammino: negli ottavi, contro la Dinamo Berlino. Il Bayern invece ha un attacco atomico: Augenthaler imposta, Mathy ispira, Hoeness e Rummenigge segnano, come certifica il ragguardevole fatturato di 20 gol nelle 8 partite eliminatorie, nessuna delle quali con squadre materasso. In una partita che prevedibilmente sarà attacco contro difesa, quindi, l'uomo chiave è proprio Rimmer: un leader del gruppo che ha già afferrato la coppa dalle grandi orecchie nel '68, quand'era vice di Stepney al Manchester United.

Dovrebbe essere la definitiva consacrazione per lui: il venerdì prima, nel 3-0 dell'ultima di campionato allo Swansea, si è fatto male al collo, ma la finale europea è troppo importante e stringe i denti. Invece dopo dieci minuti è costretto a chiedere il cambio, sopraffatto dal dolore: entra Spink, che nessuno conosce perché sono passati due anni e mezzo dalla precedente isolata presenza. Rimmer esce piangendo, al resto della squadra forse viene la pelle d'oca: non a Tony Barton, che scoprì il ragazzo e ora, subentrato a stagione iniziata come manager dei Villans, lo butta consapevolmente nella mischia nella notte che vale tutto.

Per un'ora il Bayern domina. I tedeschi sbucano da tutte le parti e lo bombardano: lui, in stato di grazia, para ogni cosa; e quando proprio non ci arriva c'è un benedetto compagno a evitare sulla linea un gol sicuro su zuccata di Augenthaler, migliore in campo tra gli avversari. Poi, alla prima e unica occasione, l'Aston Villa passa col gigante Withe, liberato davanti alla porta da una magia di Shaw. Segue la rabbiosa reazione bavarese: finché Hoeness pareggia, ma è sul filo del fuorigioco e l'arbitro francese annulla.

La cassa di risparmio batte la macchina da guerra: l'Aston Villa tiene l'1-0 e al primo tentativo porta a casa la sua unica Coppa dei Campioni. Nigel Spink diventa un eroe: "Non credo che ci siano tanti calciatori la cui seconda apparizione da professionisti è una finale europea", esclama incredulo.

"Col senno di poi, forse ebbi inconsce premonizioni - ha raccontato in seguito - Quella sera allo stadio dissi ai compagni in panchina: cerchiamo di sfruttare al meglio l'occasione, di godercela il più possibile. E feci molto più riscaldamento prepartita del solito, senza immaginare che sarei entrato così presto. Giocare quella finale fu fantastico, la realizzazione del sogno di ogni bambino. Nervoso? No, noi riserve non pensavamo di partecipare, ci sentivamo spettatori, quindi eravamo tranquilli. Accadde tutto così in fretta: nel giro di un minuto Rimmer chiese il cambio, la palla andò fuori, io mi levai la felpa e corsi verso la mia porta, mentre i tifosi in curva alle mie spalle si grattavano perplessi la testa. Non sapevo neanche che Jimmy stesse così male: per lui dovette essere straziante".

Ha aggiunto: "Non c'era tempo per pensare, e fu meglio così: Dio solo sa cosa sarebbe successo se avessi avuto modo di realizzare, e magari di spaventarmi. Fortunatamente, dopo un paio di minuti arrivò un cross senza pretese: lo agguantai e presi feeling con l'inattesa situazione".

Spink gioca e vince anche la doppia vittoriosa finale di Supercoppa col Barcellona, poi si alterna con Rimmer e ne prende definitivamente il posto al termine della stagione successiva. Titolare fisso, più di 400 presenze, ma senza ripetere gli exploit di Rotterdam, mentre la squadra esaurisce il ciclo d'oro e torna nell'anonimato della Premier.

Poi passa al WBA e al Millwall: chiude la carriera a 42 anni compiuti nelle minors, col Forest Green Rovers, sempre in lotta per non retrocedere. Ma, siccome si parla di una leggenda, il sipario è un cerchio che si chiude: quell'anno i "diavoli verdi" arrivano alla finale della Coppa d'Inghilterra di categoria (tra la quinta e l'ottava lega: dilettantismo puro) che si gioca proprio a casa sua, al Villa Park di Birmingham. Peccato che il 13 maggio 2001 il Canvey Island vinca 1-0 e che Spink non giochi: a stagione in corso è diventato allenatore e... non si schiera.

Oggi fa il padroncino a Birmingham: un corriere espresso che i guanti li usa per caricare e scaricare merci dal furgone. E ha una ditta di porte blindate con il figlio di Nobby Stiles, campione del mondo 1966: anche questa è una metafora del passato.

Guarda la sintesi di Aston Villa-Bayern Monaco del 26 maggio 1982

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