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Il caso Rattin e i cartellini nati al semaforo

Le proteste degli argentini con l'arbitro Kreitlein dopo la contestata espulsione di Rattin
Le proteste degli argentini con l'arbitro Kreitlein dopo la contestata espulsione di Rattin

Un semaforo, un banale semaforo: per la precisione quello di Kensington High Street, il paradiso londinese dello shopping trendy. Lì è cambiata la vita degli arbitri di calcio. Lì si trovava il 24 luglio 1966, fermo al rosso al volante della sua auto, sir Kenneth George Aston, arbitro internazionale in pensione, responsabile Fifa per i direttori di gara nel Mondiale in corso nella sua Inghilterra. Rimuginava su un episodio di cui era appena stato spettatore, e rivangava un lontano pomeriggio di tregenda di cui, invece, si era trovato suo malgrado pessimo protagonista.

Il giorno prima, durante il movimentato quarto di finale Inghilterra-Argentina, faticosamente vinto dai favoritissimi padroni di casa per 1-0, al tedesco occidentale Rudi Kreitlein, uno degli arbitri più quotati dell'epoca, erano serviti ben undici minuti per convincere a lasciare il campo il capitano dell'Albiceleste Antonio Rattin, espulso per proteste. Rattin sul prato di Wembley aveva dato luogo a un lungo e fischiatissimo one man show, rifiutando ripetutamente di guadagnare gli spogliatoi e addirittura sedendosi e camminando sul tappeto rosso sistemato a bordocampo, destinato esclusivamente al passaggio della regina, nonché strizzando la riproduzione dell'Union Jack che faceva da bandierina del corner. Un sacrilegio, più o meno: infatti fece inviperire il pubblico britannico, oltre a incuriosire gli spettatori neutrali.

Aston era a bordocampo e si era dovuto prodigare per riportare l'ordine e difendere Kreitlein dalle vibrate proteste dei sudamericani. Ma non era finita lì: la mattina dopo gli erano arrivate le telefonate preoccupate dell'entourage della nazionale inglese, poiché si era scoperto leggendo i giornali che i fratelli Charlton erano stati ammoniti, ma in tempo reale nessuno se n'era avveduto.

Era successo qualcosa del genere anche allo stesso Aston, quattro anni prima, in una delle partite più vergognose nella storia iridata, passata agli archivi come la battaglia di Santiago. Fu lui, il 2 giugno 1962, a espellere gli italiani Ferrini e David per le reazioni seguite alle botte da orbi dispensate loro dagli impuniti cileni, in una gara-rissa senza precedenti. Ferrini, cacciato già al 7' del primo tempo, non abbandonò il campo senza l'intervento dei minacciosi carabineros cileni, evidentemente in possesso di ottimi strumenti di convincimento.

Il problema era che fin dagli albori i provvedimenti disciplinari venivano comunicati verbalmente dagli arbitri ai diretti interessati: il sistema non era di facile comprensione. né per il pubblico né per i giocatori. Se funzionava discretamente nelle partite tra connazionali, si prestava a comici fraintendimenti nei match internazionali, quando c'era pure l'ostacolo della lingua, visto che l'inglese era ancora padroneggiato da pochi eletti.

Aston, dunque, meditava su tutto questo al semaforo di Kensington High Street, quando ebbe l'illuminazione giusta. Raccontò poi lui stesso in un'intervista: "Inghilterra-Argentina era stata una partita ruvida, e l'arbitro Kreitlein parlava solo tedesco. Bobby e Jack Charlton avevano letto sui giornali del giorno dopo delle loro ammonizioni, che ignoravano totalmente. Chiamarono il direttore dell'organizzazione, che non seppe confermargli la circostanza e quindi interpellò direttamente la Fifa. Mi trovavo negli uffici in quel momento: ascoltai il segretario dire, dopo aver scartabellato tra i documenti, che sì, i Charlton risultavano ammoniti. Avevo finito il mio lavoro per quella mattina, presi l'auto per tornare a casa. Guidavo su una strada parallela a Kensington High Street, nel giro di 50 yard infilai tre semafori che dal verde cambiavano in giallo e rosso un attimo prima del mio transito: su tutti feci la stessa cosa, prima accelerai per passare, poi frenai e mi fermai. E le attese erano lunghe, poiché ero su una laterale della via principale. Così pensai: yellow, take it easy; red, stop, you're off. Forse così si poteva risolvere il problema della comprensione in campo tra arbitri e giocatori".

Giunto a casa, Aston prese del cartoncino di quei colori, ne ritagliò due rettangoli, se li mise nel taccuino e sorrise soddisfatto: sì, poteva funzionare. Propose la novità prima ai colleghi, poi alla Fifa: piacque, perché colmava un bug regolamentare e metteva fine (così si sperava) alle polemiche, in campo e sugli spalti. Servirono però anni perché la novità fosse codificata e messa in pratica. I cartellini vennero introdotti ufficialmente solo nei successivi campionati del mondo, in Messico nel 1970. Il primo ammonito della storia fu il sovietico di origini georgiane Kachi Asatiani, al 27' del match inaugurale Messico-Urss del 31 maggio: a estrarre il primo giallo della storia fu ancora un arbitro tedesco, Kurt Tschenscher, che punì così un fallo sul messicano Velarde.

"Il sistema del giallo e del rosso venne adottato non solo dall'intero mondo del calcio, ma anche da altri sport, e sbarcò pure in molti aspetti della vita quotidiana. Se l'avessi brevettato, sarei diventato miliardario", scherzava ma non troppo Aston. La novità prese infatti presto piede in tutti i tornei calcistici, ufficiali e ufficiosi, venendo infine codificata dal regolamento. Ironia della sorte, gli ultimi ad adeguarsi furono proprio gli inglesi: la super tradizionalista Premiership adottò il sistema dei cartellini soltanto nella stagione 1976/77, e uno dei primi destinatari dell'espulsione diretta fu nientemeno che il divino George Best.

Guarda un'intervista a Rattin

Guarda Antonio Rattin in Inghilterra-Argentina del 1966

Guarda lo show di Aston in Cile-Italia del 1962

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